Mezzogiorno, una sfida che il governo non può fallire

La Questione Meridionale è finalmente al centro dell’agenda del governo Renzi e sono convinto che non ne uscirà fino a quando non saranno varate misure strutturali in grado di creare un primo embrione di sviluppo. Ma l’arretratezza del sud rispetto al nord non rappresenta certo un tema nuovo per la classe politica. Sono almeno 50 anni che, come in un gioco dell’oca, si torna al via per poi ripartire. Sarà stato, probabilmente, lo spettro della Grecia, agitato dalla Svimez, ad aprire gli occhi ad una classe politica che, come osserva giustamente Isaia Sales, ha sprecato troppe energie nel rincorrere la Lega sul suo terreno, nella speranza, a volte vana, di strappare successi elettorali in quelle regioni dove è più forte il partito che era di Bossi e oggi è di Salvini. Troppe volte si è creduto che il meridione non fosse determinante ai fini delle competizioni elettorali con tante regioni valutate come “già perse” e dove, quindi, non si sono profuse le energie necessarie per ribaltare i sondaggi. Sales tratteggia bene le responsabilità di chi in passato ha avuto incarichi di governo e di partito. Non è però la resa dei conti che ci interessa in questa fase. Ci interessa, invece, giungere al 7 settembre, data scelta da Renzi per chiudere il dibattito sul Mezzogiorno e passare alla fase due, con proposte concrete e realizzabili. E’ un’occasione che non possiamo sprecare anche perché, per la prima volta, tutte le regioni sono guidate da coalizioni di centrosinistra ed è possibile sfruttare una filiera istituzionale senza precedenti, dalla periferia a Bruxelles e Strasburgo. Una nuova classe dirigente si è affacciata nel Mezzogiorno, combattiva e rottamatrice di quelle logiche clientelari che hanno contribuito a determinare l’attuale situazione di arretratezza. Io credo fermamente nelle potenzialità espansiva di una misura che istituisca una fiscalità di vantaggio per tutti quegli imprenditori che decidono di investire nelle aree depresse del paese. Non sarebbe una misura assistenzialistica ma di un intervento per permettere di pareggiare le condizioni di partenza tra chi investe al nord e chi investe al sud. Contemporaneamente dovremo varare progetti in grado di potenziare le infrastrutture al servizio delle imprese: collegamenti, servizi, banda larga. Valorizzare gli agglomerati industriali, come avviene all’estero, per abbassare i costi e permettere alle imprese di essere più competitive sui mercati. C’è bisogno, quindi, di grande accuratezza nella scelta dei progetti da realizzare con i fondi europei 2014-2020 e soprattutto impegnarsi affinché le regioni spendano effettivamente quei soldi, senza i quali, oggi, non è possibile alcun tipo di politica espansiva. Recuperare, infine, quella che è la vera risorsa del meridione: la terra, con i suoi prodotti, le sue tradizioni e le sue eccellenze. Ritengo che il premier Renzi ha pienamente compreso che senza il sud, il Paese non riparte e pertanto mi sento di rassicurare il professor Sales. A settembre i fatti arriveranno, è in gioco la credibilità del Pd come forza di governo. Una posta altissima.

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